Dopo l’abrogazione dei buoni lavoro c.d. voucher avvenuta il 17 marzo 2017, il legislatore è intervenuto colmando il vuoto normativo venutosi a creare e disciplinando il lavoro occasionale (o lavoro accessorio) con l’approvazione del DDL n. 2853 del 15 giugno scorso.
Le imprese agricole potranno utilizzare il nuovo strumento normativo osservando precisi limiti, in primo luogo con riferimento ai soggetti da impiegare tramite contratto di prestazione occasionale.
Precisamente, si tratta di lavoratori rientranti nelle seguenti categorie (art. 54 bis):
In secondo luogo, anche le aziende agricole dovranno osservare le ulteriori limitazioni che la norma pone in termini di utilizzo del lavoro sia temporale, prendendo come periodo di riferimento l’anno civile, sia economico. Per ciò che riguarda quest’ultimo aspetto, il comma I del medesimo articolo prevede ulteriori disposizioni:
La circolare INPS aveva fornito i compensi minimi orari ricavati dal CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti, ma con il successivo messaggio 2887 del 12.7.2017 ha specificato che “la misura minima della retribuzione oraria per la determinazione del compenso delle prestazioni di lavoro occasionale nel settore agricolo è ricavata assumendo a riferimento i minimi salariali mensili degli operai agricoli cui va aggiunto, in relazione alla peculiare natura del rapporto di lavoro occasionale, il cd. terzo elemento retributivo, previsto, per gli operai a tempo determinato, quale corrispettivo degli istituti riconosciuti agli operai a tempo indeterminato (festività nazionali e infrasettimanali, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità).”
I compensi minimi orari e i corrispondenti minimi giornalieri per almeno 4 ore di lavoro, sono fissati in:
A questi importi vanno aggiunti, calcolandoli sul totale della prestazione:
In ogni caso, qualunque azienda agricola non potrà ricevere prestazioni di lavoro occasionale da parte di soggetti con i quali abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).
Per ciò che riguarda il settore agricolo occorre, inoltre, che il lavoratore occasionale non sia stato nell’anno precedente iscritto negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Adempimenti necessari all’utilizzo del nuovo contratto di prestazione occasionale saranno, per le imprese agricole, l’iscrizione in un’apposita “Piattaforma informatica Inps”.
Altro obbligo gravante sulle aziende è quello della trasmissione, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione ed attraverso la piattaforma suddetta ovvero tramite contact center INPS, di una dichiarazione contenente le seguenti informazioni:
Per quanto riguarda la riscossione del compenso, sarà l’INPS a effettuare il pagamento entro il 15 del mese successivo alla prestazione, accreditando gli importi sul conto corrente bancario che il lavoratore ha indicato nella propria anagrafica all’interno della piattaforma informatica. Qualora il lavoratore non disponga di un conto corrente bancario, i compensi saranno erogati con bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli uffici postali (con oneri a carico del prestatore – euro 2,60).
La gestione completamente telematica delle comunicazioni per l’attivazione del contratto di prestazione occasionali favoriranno la verifica dell’eventuale superamento dei limiti di importo o di durata complessiva della prestazione.
Quando in stagioni come quella attuale, tragicamente segnata dalla siccità, la pioggia non è sufficiente da sola a garantire lo sviluppo delle nostre piante da orto, è necessario far ricorso all’acqua di irrigazione.
Nelle regioni del sud è giocoforza poter contare su di una fonte idrica per il fabbisogno dell’orto in quanto, data la scarsità di pioggia, lo sviluppo regolare delle piante sarebbe altrimenti impossibile. Discorso un po’ meno scontato al nord, almeno fino a qualche tempo fa, quando si ricorreva alle irrigazioni di soccorso solo saltuariamente e, più che altro, per le colture industriali.
Oggi come oggi, anche nelle regioni dal clima più favorevole, la distribuzione delle precipitazioni è molto irregolare nell’arco dell’anno. Quindi, anche al nord, è fondamentale avere a disposizione acqua corrente da impiegare all’occorrenza per dissetare le nostre piante.
Bagnare regolarmente le piante da orto è oltremodo importante in quanto, trattandosi per lo più di specie erbacee, presentano un apparato radicale ridotto che si sviluppa solo negli strati superficiali del terreno dove l’acqua scarseggia, sia a causa della percolazione, sia per effetto dell’evaporazione.
Dopo questa necessaria premessa, ecco alcuni consigli su quando innaffiare l’orto, come risparmiare acqua ed adoperarla al meglio:
Comunque saranno le stesse piante a darvi le giuste indicazioni: basterà osservarle ed intervenire tempestivamente quando queste mostrano i primi segni di appassimento.
Negli orti tradizionali in genere si distribuisce l’acqua a pioggia: è utile allo scopo un tubo di gomma alla cui estremità si colloca un polverizzatore (o il dito del contadino!). Oppure per piccole superfici è comodo utilizzare l’intramontabile innaffiatoio.
Abbastanza frequente è, inoltre, la distribuzione per infiltrazione laterale. Si tratta di riempire d’acqua i solchi sui cui lati sono disposte le piante ortive. Va da sé che i solchi devono essere in piano, quindi se la vostra superficie è in pendio, i solchi vanno fatti per traverso oppure a gradini.
E’ sempre più diffusa anche la sub-irrigazione o irrigazione sotterranea: l’acqua viene distribuita mediante la cosiddetta manichetta, un tubo di plastica dotato di piccoli fori. I vantaggi sono molteplici: risparmio d’acqua e tempo, frutti puliti, controllo delle malerbe, ridotta erosione del suolo.
Ogni coltura ha un proprio fabbisogno idrico. Nella tabella a seguire riportiamo il fabbisogno idrico indicativo medio giornaliero, espresso in litri/m2, per un tipico orto a carattere familiare. Si tratta di informazioni indicative, variabili in base all’andamento delle temperature, delle piogge, etc.
E nel caso abbiate un impianto di irrigazione a goccia, ecco la tabella dei fabbisogni idrici consigliati
“Per sconfiggere il nemico, bisogna conoscerlo a fondo”
Tra le avversità che colpiscono la coltivazione del pomodoro, la tuta absoluta o tignola del pomodoro è sicuramente tra le più temibili. La Tuta absoluta, detta anche minatrice fogliare del pomodoro, è un insetto parassita che arreca danni diretti e indiretti alle coltivazioni di pomodoro.
La tignola è un insetto lepidottero della famiglia dei Gelechidi. Originaria del Sud America, in Europa è arrivata nel 2006, rinvenuta per la prima volta in Spagna. Si pensa sia giunta nel vecchio continente in seguito a scambi commerciali di pomodori attaccati dall’insetto. Oggi, la tignola del pomodoro attacca ogni tipo di coltivazione di pomodoro, da quelle in pieno campo, all’orto familiare, alle colture protette. Sono state segnalate infestazioni di tuta absoluta anche su altre solanacee come melanzana, patata ed altre.
La tignola sverna nel terreno allo stato di crisalide. I primi adulti sfarfallano alla fine dell’inverno ma la presenza maggiore si ha a partire dalla prima metà di giugno. La tignola vola sopratutto nelle ore serali e durante la notte. Le femmine arrivano a deporre un massimo di 250 uova. Le uova vengono deposte sulle foglie o, più raramente, sui sepali del calice (parte esterna del fiore).
Le giovani larve scavano delle gallerie (mine) a forma di chiazza nei tessuti della pianta (foglie, fusti e frutti), completando lo sviluppo in 4 stadi larvali. Lo sviluppo completo delle larve dura circa due/tre settimane in relazione alle temperature; più elevate sono, più rapido sarà il ciclo. Le larve mature diventano crisalidi nel terreno o nelle foglie accartocciate e il ciclo si completa.
Durante il ciclo colturale del pomodoro, si susseguono diverse generazioni di tuta absoluta, in base all’andamento climatico; nell’Italia Meridionale in genere si contano 6 – 9 generazioni.
Le bacche colpite presentano fori, necrosi e lacerazioni. In seguito si possono anche instaurare marciumi all’interno nella parte interessata, il frutto è dunque non più utilizzabile e commerciabile. In caso di forti infestazioni di tuta absoluta, gli ammanchi produttivi possono arrivare anche al 80%; in alcuni casi sono state registrate perdite fino al 100% del raccolto.
Per eliminare la tignola del pomodoro non si può adottare solo un metodo. E’ opportuna piuttosto una strategia integrata, che parta innanzitutto dalla corretta gestione del terreno, delle infestanti e della coltivazione del pomodoro stesso.
Innanzitutto è essenziale tenere sotto controllo le erbe infestanti. La tuta absoluta del pomodoro, infatti, prolifera nell’erba alta, soprattutto nelle graminacee. In mezzo all’erba si nasconde, si riproduce e depone le uova. E’ consigliabile eliminare le erbe infestanti tramite opportuni diserbi possibilmente manuali o meccanici. Un consiglio, anche per gli orti di casa, è quello di praticare la pacciamatura con telo biodegradabile.
Per quanto riguarda la lotta biologica alla tignola del pomodoro, le trappole a feromoni sessuali possono risultare molto efficaci. Funzionano così: il feromone attira il maschio della tuta absoluta, che vi rimane intrappolato e quindi non può riprodursi. Le trappole vanno posizionate a circa 1 metro da terra e sostituendo il feromone ogni 4-5 settimane circa.
Le trappole a feromoni possono essere troppo costose per gli hobbisti ma estremamente utili per monitorare e individuare i voli degli adulti. Infatti le trappole a feromoni non si usano come le classiche trappole ad esca (per eliminare il parassita), bensì si usano per monitorare gli stadi del ciclo biologico della tuta absoluta e agire di conseguenza con la lotta biologica.
E’ possibile procedere con la lotta biologica alla Tignola del pomodoro anche mediante il lancio di insetti utili come i parassitoidi delle uova, delle larve e delle crisalidi. E’ possibile procedere alla lotta della tignola anche con lancio di predatori, in particolare è possibile utilizzare il Nesidiocoris tenuis (predatore d’uova e di larve).
Un altro sistema impiegato nella lotta biologica alla tuta absoluta consiste nei trattamenti con Bacillus thuringiensis (BT); metodo molto semplice da gestire anche per chi ha poche esperienze con la coltivazione del pomodoro.
Con questo articolo abbiamo voluto fornirvi una panoramica della problematica “tignola del pomodoro“; presto approfondiremo meglio i metodi di lotta a questo parassita ed altri ancora!
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La coltivazione dell’avocado è tra le coltivazioni del momento. Sarà perché le colture arboree tradizionali (agrumi, drupacee) soffrono di continue crisi di mercato, sarà perché ben si adatta ai cambiamenti climatici, sarà, soprattutto, perché decisamente più redditizia ma l’avocado è un po’ sulla bocca di tutti gli agricoltori (soprattutto nel sud Italia) ed anche di chi vorrebbe diventarlo.
L’avocado (Persea americana) appartiene alla famiglia delle Lauraceae ed è originario dell’America Centrale; specie prettamente a carattere tropicale oggi, grazie ai cambiamenti climatici, è possibile coltivare l’avocado anche nelle zone più miti del bacino del Mediterraneo, soprattutto le varietà che sono state selezionate per essere produttive nei nostri areali. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, ma è bene evitare quelli eccessivamente argillosi o salmastri.
Perché l’avocado è così di moda e redditizio? Si tratta di frutto molto apprezzato dal mercato; ma perché?
L’avocado è effettivamente un frutto dalle eccellenti proprietà nutrizionali: 100 grammi di avocado contengono circa 150 calorie. Vi si trova un po’ di tutto: fibre, grassi buoni insaturi (omega 3 e omega 6), potassio, vitamine del gruppo B e K, vitamina C ed E.
Per quanto suddetto (e anche grazie a politiche di marketing decisamente azzeccate), da diversi anni ormai, l’avocado è uno tra i frutti esotici più ricercati, e i prezzi all’ingrosso e al dettaglio lo confermano: girando nei diversi mercati ortofrutticoli è difficile trovare l’avocado a meno di 3,5/4 euro al kg; non parliamo poi dei prezzi al dettaglio: nelle boutique della frutta ci si può imbattere in prezzi che vanno da 2 ai 5 euro al pezzo, per singolo avocado!
Considerate che, in media, un avocado pesa dai 300 ai 500 grammi e che, levata buccia e seme, la parte commestibile non supera il 50% del peso totale. L’avocado è decisamente una coltivazione redditizia!
Essendo una pianta esotica, il primo limite relativo alla coltivazione dell’avocado è il clima: sopporta al massimo temperature di – 3 °C. Ma nonostante tema il gelo, l’avocado si dimostra anche più adattabile degli agrumi e cresce bene nelle zone temperate del Sud e lungo le coste della nostra penisola. Teniamo presente che l’avocado ama il pieno sole e la luce intensa e, pur essendo una pianta sempreverde, presenta in alcune varietà, una filloptosi (caduta delle foglie) quasi completa in prossimità della fioritura.
L’avocado può essere anche coltivato in vaso, ma bisogna aver cura di proteggerlo durante l’inverno (tenendolo in serra o coperto con del tessuto) e sostituendo tutti gli anni il vaso, per garantire alle vigorose radici di trovare lo spazio necessario e potandolo spesso per mantenere le dimensioni della chioma adeguate al contenitore.
Il secondo problema relativo alla coltivazione di avocado è lo spazio: l’avocado è infatti una pianta a crescita rapida di medie dimensioni, vale a dire di circa 10 m di altezza che in condizioni ottimali possono diventare anche 15-20 m.
Inoltre, le varietà di avocado più diffuse sono caratterizzate dall’impossibilità di autofecondarsi anche se dotate di fiori ermafroditi. Allora come riesce a fruttificare?
Le cultivar di avocado vengono distinte in due gruppi: A e B; nel primo si ha la recettività del pistillo solo quando le antere sono piegate (le prime ore del mattino) e il polline non può effettuare la fecondazione, mentre nel secondo si verifica l’inverso; pertanto, per poter fruttificare, occorre la presenza di varietà di entrambi i gruppi per ottenere, quindi, l’impollinazione incrociata.
Si può considerare una pianta di rapido accrescimento; in tre anni, in condizioni ottimali, l’avocado raggiunge e supera le dimensioni di un agrume con oltre 10 anni di età. Le piantine innestate si possono porre a dimora sia in autunno che nel periodo di inizio primavera. Per l’impianto si possono adottare sesti dinamici 5 x 4 m per poi ottenere sesti definitivi di 5 x 8 m.
Riguardo alle necessità idriche, mediamente, si può fare riferimento alle esigenze idriche di un agrumeto. Quanto alle concimazioni dell’avocado, inizialmente dovrà esserci un maggior apporto di azoto mentre successivamente, avviata la fruttificazione, la pianta avrà più bisogno di potassio.
L’avocado necessita di limitati interventi di potatura, da eseguirsi la prima volta dopo diversi anni dal trapianto e successivamente solo saltuariamente al fine di sfoltire la vegetazione.
La specie è considerata abbastanza resistente agli stress, sia di tipo biotico che abiotico. L’avocado teme il marciume radicale e lo sviluppo di funghi nei pressi del colletto, favoriti dall’eccesso di annaffiature e dai ristagni idrici; segnalati casi di attacco da parte di mosche della frutta.