Quanti di voi si sono posti questa domanda?
Quando si inizia una attività agricola o forestale, o quando si prevede di espanderne o rinnovarne una già esistente, sorge subito il dubbio di come organizzarne il parco macchine.
In questo articolo affronteremo un dilemma tecnico strettamente connesso all’impiego operativo delle stesse macchine ed, in particolare, alle superfici del cantiere dove queste andranno ad operare.
Nella valutazione da fare, il tipo di utilizzo e il governo della coltura che intendiamo sviluppare e, soprattutto, la conformazione del terreno ci vengono in aiuto: da osservare in campo sono innanzitutto la superficie utile, la pendenza e il tipo di tessitura del suolo.
I cingolati sono sicuramente da preferire per forti pendenze (dato il baricentro più basso), per superfici ove occorrono raggi di sterzata molto ridotti (per asperità e per preferenze di tecniche colturali), per terreni che richiedono maggiore “grip” per la conformazione argillosa, fangosa o per lavori pesanti come erpicatura o rippatura.
La superficie complessiva di contatto dei cingoli con il suolo distribuisce meglio il carico del mezzo e degli attrezzi trainati o ad esso connessi. Ciò evita di danneggiare i lavori già effettuati e di compattare troppo le superfici rendendo di fatto più complicate le lavorazioni successive (ad es. la semina).
Di contro i trattori cingolati non sono utilizzabili su strade pubbliche senza suole di protezione in gomma, a meno che non abbiano già i cingoli gommati. Le velocità, a causa della loro struttura rigida sono inoltre ridotte, e fissate per legge a 15 km/h, mentre per i classici trattori gommati si attesta sui 35 km/h e più.
Se si hanno problemi di questo genere (necessità di ridurre i tempi di lavoro improduttivi e di trasferimento), meglio optare per i trattori gommati, che consentono infatti spostamenti agevolati pure su suoli pubblici e la possibilità di movimenti più veloci su più cantieri.
I trattori gommati possono essere resi più versatili anche grazie alle ruote gemellabili, ovvero accoppiabili tra loro tramite appositi distanziali di fissaggio. Ciò è fattibile sia con pneumatici uguali, sia con pneumatici con “disegno” diverso del battistrada, per sinergizzarne gli effetti, fino anche a usare pneumatici con raggio leggermente diverso per adattare il profilo orizzontale del mezzo alla conformazione della superficie in relazione alla lavorazione (andane, canali, solchi, etc.).
È possibile inoltre accoppiare ai tradizionali pneumatici anche elementi particolari, a seconda del tipo di suolo e di impiego operativo. Tra i più noti ricordiamo le gabbie metalliche, ma si possono trovare pure rulli pieni e ruote dentate per risaia o terreni costantemente allagati.
E’ disponibile in commercio, inoltre, una vasta gamma di articoli da accoppiare alle gomme, come ramponi, catene, o catene dentate.
Tramite l’affiancamento di due o più gomme, e riducendo la pressione di queste ultime, è possibile quindi ridurre al minimo il compattamento del suolo (aumentando la superficie di appoggio), e migliorare la stabilità fino ai livelli dei cingolati.
E’ solo il caso di accennare, in questa sede, i danni relativi all’eccessivo compattamento del suolo:
– formazione di una crosta di suolo coesa e dura (anche in profondità) che impedisce alle radici di raggiungere liberamente la soluzione circolante;
– ostacolo al deflusso dell’acqua piovana con conseguente formazione di ristagni idrici;
– aumento dei fattori predisponenti (umidità eccessiva degli strati superficiali) di malattie fungine;
– mancata traslocazione degli elementi lungo il profilo del suolo: acqua, azoto, carbonio, altri micro-macroelementi rimangono immobili e spesso non disponibili all’assorbimento radicale.
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Il marciume apicale è un’alterazione o fisiopatia che colpisce diverse specie coltivate, in particolare le Solanaceae (pomodoro, peperoni, etc.) ma anche ortaggi appartenenti ad altre famiglie come lo zucchino.
I sintomi del marciume apicale sono molto evidenti e riconoscibili: la punta dei frutti colpiti manifesta, in un primo tempo, una colorazione verde traslucida che progressivamente marcisce fino ad annerire completamente, da qui il nome culo nero, espressione gergale per intendere il marciume apicale (detto anche culo di scimmia).
Il marciume apicale del pomodoro e degli altri ortaggi è una problematica dovuta ad un insieme di condizioni ambientali concomitanti; in particolare si tratta di squilibri fisico-chimici del terreno. Tali disfunzioni comportano un cattivo assorbimento del calcio.
Il calcio svolge un’importante funzione nutritiva nel ciclo vitale delle piante contribuendo alla formazione dei tessuti vegetali ed alla vigoria del fusto, delle radici, dello stelo e degli altri organi vegetali (foglie e frutti).
In altre parole, come negli esseri umani, il calcio contribuisce alla formazione dello “scheletro” dei vegetali determinandone il portamento eretto e più o meno robusto.
Anche se presente nel terreno, non sempre le piante riescono ad assorbire il calcio in modo ottimale. Questo avviene in particolare nei terreni con pH troppo acido, in condizioni di scarsa ventilazione o temperature troppo elevate. Quest’anno infatti, caratterizzato da temperature sopra la media, si assiste ad un’elevata incidenza del marciume apicale.
Oltre al marciume apicale (visibile solo al momento della maturazione dei frutti), altri sintomi più precoci possono indicarci una carenza di calcio: ingiallimento delle foglie (visibile prima sulle foglie più vecchie), accartocciamento fogliare e blocco della crescita.
Anche la fioritura viene bloccata e ritardata ed i fiori permangono poco sviluppati per tutto il ciclo colturale.
Anche una discontinua disponibilità di acqua può determinare la comparsa del marciume apicale del pomodoro. Il calcio è infatti un elemento che nella pianta viaggia nel flusso evapotraspirativo (linfa grezza). Si concentra dunque, nelle zone con maggiore presenza di stomi, ossia le foglie, a discapito dei frutti che non son predisposti allo scambio idrico.
Fattori predisponenti il marciume apicale sono quindi l’alta temperatura e la bassa umidità relativa che, aumentando il suddetto flusso, dirottano la linfa grezza (quindi anche il calcio) verso l’apparato fogliare.
E’ importante quindi che la pianta goda di un flusso idrico regolare e costante.
Come sempre in agricoltura i migliori risultati si ottengono agendo in prevenzione; ecco alcuni rimedi che possono aiutarci a prevenire il marciume apicale del pomodoro e degli altri ortaggi:
Un consiglio sempre utile è quello di diversificare gli appezzamenti coltivati in specie e varietà, ruotando ogni anno la zona dell’orto destinata alla coltivazione del pomodoro e degli altri ortaggi.
E’ opportuno inoltre seminare varietà diverse per aumentare la biodiversità del nostro orto e fare in modo che si ottenga la miglior risposta in termini di impollinazione e resistenza alle malattie/fisiopatie.
Dopo l’abrogazione dei buoni lavoro c.d. voucher avvenuta il 17 marzo 2017, il legislatore è intervenuto colmando il vuoto normativo venutosi a creare e disciplinando il lavoro occasionale (o lavoro accessorio) con l’approvazione del DDL n. 2853 del 15 giugno scorso.
Le imprese agricole potranno utilizzare il nuovo strumento normativo osservando precisi limiti, in primo luogo con riferimento ai soggetti da impiegare tramite contratto di prestazione occasionale.
Precisamente, si tratta di lavoratori rientranti nelle seguenti categorie (art. 54 bis):
In secondo luogo, anche le aziende agricole dovranno osservare le ulteriori limitazioni che la norma pone in termini di utilizzo del lavoro sia temporale, prendendo come periodo di riferimento l’anno civile, sia economico. Per ciò che riguarda quest’ultimo aspetto, il comma I del medesimo articolo prevede ulteriori disposizioni:
La circolare INPS aveva fornito i compensi minimi orari ricavati dal CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti, ma con il successivo messaggio 2887 del 12.7.2017 ha specificato che “la misura minima della retribuzione oraria per la determinazione del compenso delle prestazioni di lavoro occasionale nel settore agricolo è ricavata assumendo a riferimento i minimi salariali mensili degli operai agricoli cui va aggiunto, in relazione alla peculiare natura del rapporto di lavoro occasionale, il cd. terzo elemento retributivo, previsto, per gli operai a tempo determinato, quale corrispettivo degli istituti riconosciuti agli operai a tempo indeterminato (festività nazionali e infrasettimanali, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità).”
I compensi minimi orari e i corrispondenti minimi giornalieri per almeno 4 ore di lavoro, sono fissati in:
A questi importi vanno aggiunti, calcolandoli sul totale della prestazione:
In ogni caso, qualunque azienda agricola non potrà ricevere prestazioni di lavoro occasionale da parte di soggetti con i quali abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).
Per ciò che riguarda il settore agricolo occorre, inoltre, che il lavoratore occasionale non sia stato nell’anno precedente iscritto negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Adempimenti necessari all’utilizzo del nuovo contratto di prestazione occasionale saranno, per le imprese agricole, l’iscrizione in un’apposita “Piattaforma informatica Inps”.
Altro obbligo gravante sulle aziende è quello della trasmissione, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione ed attraverso la piattaforma suddetta ovvero tramite contact center INPS, di una dichiarazione contenente le seguenti informazioni:
Per quanto riguarda la riscossione del compenso, sarà l’INPS a effettuare il pagamento entro il 15 del mese successivo alla prestazione, accreditando gli importi sul conto corrente bancario che il lavoratore ha indicato nella propria anagrafica all’interno della piattaforma informatica. Qualora il lavoratore non disponga di un conto corrente bancario, i compensi saranno erogati con bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli uffici postali (con oneri a carico del prestatore – euro 2,60).
La gestione completamente telematica delle comunicazioni per l’attivazione del contratto di prestazione occasionali favoriranno la verifica dell’eventuale superamento dei limiti di importo o di durata complessiva della prestazione.
“Per sconfiggere il nemico, bisogna conoscerlo a fondo”
Tra le avversità che colpiscono la coltivazione del pomodoro, la tuta absoluta o tignola del pomodoro è sicuramente tra le più temibili. La Tuta absoluta, detta anche minatrice fogliare del pomodoro, è un insetto parassita che arreca danni diretti e indiretti alle coltivazioni di pomodoro.
La tignola è un insetto lepidottero della famiglia dei Gelechidi. Originaria del Sud America, in Europa è arrivata nel 2006, rinvenuta per la prima volta in Spagna. Si pensa sia giunta nel vecchio continente in seguito a scambi commerciali di pomodori attaccati dall’insetto. Oggi, la tignola del pomodoro attacca ogni tipo di coltivazione di pomodoro, da quelle in pieno campo, all’orto familiare, alle colture protette. Sono state segnalate infestazioni di tuta absoluta anche su altre solanacee come melanzana, patata ed altre.
La tignola sverna nel terreno allo stato di crisalide. I primi adulti sfarfallano alla fine dell’inverno ma la presenza maggiore si ha a partire dalla prima metà di giugno. La tignola vola sopratutto nelle ore serali e durante la notte. Le femmine arrivano a deporre un massimo di 250 uova. Le uova vengono deposte sulle foglie o, più raramente, sui sepali del calice (parte esterna del fiore).
Le giovani larve scavano delle gallerie (mine) a forma di chiazza nei tessuti della pianta (foglie, fusti e frutti), completando lo sviluppo in 4 stadi larvali. Lo sviluppo completo delle larve dura circa due/tre settimane in relazione alle temperature; più elevate sono, più rapido sarà il ciclo. Le larve mature diventano crisalidi nel terreno o nelle foglie accartocciate e il ciclo si completa.
Durante il ciclo colturale del pomodoro, si susseguono diverse generazioni di tuta absoluta, in base all’andamento climatico; nell’Italia Meridionale in genere si contano 6 – 9 generazioni.
Le bacche colpite presentano fori, necrosi e lacerazioni. In seguito si possono anche instaurare marciumi all’interno nella parte interessata, il frutto è dunque non più utilizzabile e commerciabile. In caso di forti infestazioni di tuta absoluta, gli ammanchi produttivi possono arrivare anche al 80%; in alcuni casi sono state registrate perdite fino al 100% del raccolto.
Per eliminare la tignola del pomodoro non si può adottare solo un metodo. E’ opportuna piuttosto una strategia integrata, che parta innanzitutto dalla corretta gestione del terreno, delle infestanti e della coltivazione del pomodoro stesso.
Innanzitutto è essenziale tenere sotto controllo le erbe infestanti. La tuta absoluta del pomodoro, infatti, prolifera nell’erba alta, soprattutto nelle graminacee. In mezzo all’erba si nasconde, si riproduce e depone le uova. E’ consigliabile eliminare le erbe infestanti tramite opportuni diserbi possibilmente manuali o meccanici. Un consiglio, anche per gli orti di casa, è quello di praticare la pacciamatura con telo biodegradabile.
Per quanto riguarda la lotta biologica alla tignola del pomodoro, le trappole a feromoni sessuali possono risultare molto efficaci. Funzionano così: il feromone attira il maschio della tuta absoluta, che vi rimane intrappolato e quindi non può riprodursi. Le trappole vanno posizionate a circa 1 metro da terra e sostituendo il feromone ogni 4-5 settimane circa.
Le trappole a feromoni possono essere troppo costose per gli hobbisti ma estremamente utili per monitorare e individuare i voli degli adulti. Infatti le trappole a feromoni non si usano come le classiche trappole ad esca (per eliminare il parassita), bensì si usano per monitorare gli stadi del ciclo biologico della tuta absoluta e agire di conseguenza con la lotta biologica.
E’ possibile procedere con la lotta biologica alla Tignola del pomodoro anche mediante il lancio di insetti utili come i parassitoidi delle uova, delle larve e delle crisalidi. E’ possibile procedere alla lotta della tignola anche con lancio di predatori, in particolare è possibile utilizzare il Nesidiocoris tenuis (predatore d’uova e di larve).
Un altro sistema impiegato nella lotta biologica alla tuta absoluta consiste nei trattamenti con Bacillus thuringiensis (BT); metodo molto semplice da gestire anche per chi ha poche esperienze con la coltivazione del pomodoro.
Con questo articolo abbiamo voluto fornirvi una panoramica della problematica “tignola del pomodoro“; presto approfondiremo meglio i metodi di lotta a questo parassita ed altri ancora!
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La coltivazione dell’avocado è tra le coltivazioni del momento. Sarà perché le colture arboree tradizionali (agrumi, drupacee) soffrono di continue crisi di mercato, sarà perché ben si adatta ai cambiamenti climatici, sarà, soprattutto, perché decisamente più redditizia ma l’avocado è un po’ sulla bocca di tutti gli agricoltori (soprattutto nel sud Italia) ed anche di chi vorrebbe diventarlo.
L’avocado (Persea americana) appartiene alla famiglia delle Lauraceae ed è originario dell’America Centrale; specie prettamente a carattere tropicale oggi, grazie ai cambiamenti climatici, è possibile coltivare l’avocado anche nelle zone più miti del bacino del Mediterraneo, soprattutto le varietà che sono state selezionate per essere produttive nei nostri areali. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, ma è bene evitare quelli eccessivamente argillosi o salmastri.
Perché l’avocado è così di moda e redditizio? Si tratta di frutto molto apprezzato dal mercato; ma perché?
L’avocado è effettivamente un frutto dalle eccellenti proprietà nutrizionali: 100 grammi di avocado contengono circa 150 calorie. Vi si trova un po’ di tutto: fibre, grassi buoni insaturi (omega 3 e omega 6), potassio, vitamine del gruppo B e K, vitamina C ed E.
Per quanto suddetto (e anche grazie a politiche di marketing decisamente azzeccate), da diversi anni ormai, l’avocado è uno tra i frutti esotici più ricercati, e i prezzi all’ingrosso e al dettaglio lo confermano: girando nei diversi mercati ortofrutticoli è difficile trovare l’avocado a meno di 3,5/4 euro al kg; non parliamo poi dei prezzi al dettaglio: nelle boutique della frutta ci si può imbattere in prezzi che vanno da 2 ai 5 euro al pezzo, per singolo avocado!
Considerate che, in media, un avocado pesa dai 300 ai 500 grammi e che, levata buccia e seme, la parte commestibile non supera il 50% del peso totale. L’avocado è decisamente una coltivazione redditizia!
Essendo una pianta esotica, il primo limite relativo alla coltivazione dell’avocado è il clima: sopporta al massimo temperature di – 3 °C. Ma nonostante tema il gelo, l’avocado si dimostra anche più adattabile degli agrumi e cresce bene nelle zone temperate del Sud e lungo le coste della nostra penisola. Teniamo presente che l’avocado ama il pieno sole e la luce intensa e, pur essendo una pianta sempreverde, presenta in alcune varietà, una filloptosi (caduta delle foglie) quasi completa in prossimità della fioritura.
L’avocado può essere anche coltivato in vaso, ma bisogna aver cura di proteggerlo durante l’inverno (tenendolo in serra o coperto con del tessuto) e sostituendo tutti gli anni il vaso, per garantire alle vigorose radici di trovare lo spazio necessario e potandolo spesso per mantenere le dimensioni della chioma adeguate al contenitore.
Il secondo problema relativo alla coltivazione di avocado è lo spazio: l’avocado è infatti una pianta a crescita rapida di medie dimensioni, vale a dire di circa 10 m di altezza che in condizioni ottimali possono diventare anche 15-20 m.
Inoltre, le varietà di avocado più diffuse sono caratterizzate dall’impossibilità di autofecondarsi anche se dotate di fiori ermafroditi. Allora come riesce a fruttificare?
Le cultivar di avocado vengono distinte in due gruppi: A e B; nel primo si ha la recettività del pistillo solo quando le antere sono piegate (le prime ore del mattino) e il polline non può effettuare la fecondazione, mentre nel secondo si verifica l’inverso; pertanto, per poter fruttificare, occorre la presenza di varietà di entrambi i gruppi per ottenere, quindi, l’impollinazione incrociata.
Si può considerare una pianta di rapido accrescimento; in tre anni, in condizioni ottimali, l’avocado raggiunge e supera le dimensioni di un agrume con oltre 10 anni di età. Le piantine innestate si possono porre a dimora sia in autunno che nel periodo di inizio primavera. Per l’impianto si possono adottare sesti dinamici 5 x 4 m per poi ottenere sesti definitivi di 5 x 8 m.
Riguardo alle necessità idriche, mediamente, si può fare riferimento alle esigenze idriche di un agrumeto. Quanto alle concimazioni dell’avocado, inizialmente dovrà esserci un maggior apporto di azoto mentre successivamente, avviata la fruttificazione, la pianta avrà più bisogno di potassio.
L’avocado necessita di limitati interventi di potatura, da eseguirsi la prima volta dopo diversi anni dal trapianto e successivamente solo saltuariamente al fine di sfoltire la vegetazione.
La specie è considerata abbastanza resistente agli stress, sia di tipo biotico che abiotico. L’avocado teme il marciume radicale e lo sviluppo di funghi nei pressi del colletto, favoriti dall’eccesso di annaffiature e dai ristagni idrici; segnalati casi di attacco da parte di mosche della frutta.