Archivio per Categoria Mio Orto

Vangatura del suolo. Prepariamo il terreno per l’inverno

La vangatura è un’operazione semplice ma di estrema importanza per il terreno. Si tratta di una lavorazione che si prefigge lo scopo di creare un ambiente fisico più ospitale per le piante che verranno seminate o trapiantate nei cicli successivi.

Ha, in sostanza, lo stesso obiettivo dell’aratura ma si pratica senza l’ausilio di mezzi meccanici facendo affidamento solo su strumenti manuali (vanga e zappa) o, al massimo, di potenza limitata (motozappa).

La vangatura consiste essenzialmente nel rivoltamento delle zolle del terreno fino a una profondità che può variare tra i 20 ed i 30 centimetri.

Vangatura manuale del terreno con l'impiego di motozappa

Vangatura. Quando zappare il terreno?

L’epoca ideale per la vangatura è l’autunno, periodo in cui il terreno è umido al punto giusto senza essere eccessivamente bagnato o zuppo (si dice che “è in tempera”).

In queste condizioni il terreno può essere lavorato, più o meno facilmente, in modo da rendere più soffice il letto di semina/trapianto e più agevole la germinazione e l’esplorazione radicale della porzione di suolo limitrofo (detta rizosfera in modo difficile), fonte di acqua ed elementi nutritivi.

Il respiro del terreno

Una buona vangatura aumenta gli scambi ossigenativi tra suolo ed atmosfera. La presenza di ossigeno nel terreno è fondamentale essendo, anche se non tutti lo sanno, il maggiore elemento – in termini di volume – presente nel terreno.

Succede però che nei terreni molto argillosi, soprattutto in seguito a forti piogge, il suolo si presenti troppo compatto e asfittico; ciò è deleterio per il normale sviluppo radicale e per l’assorbimento degli elementi.

Un terreno compattato, inoltre, comporta ulteriori svantaggi: un drenaggio insufficiente che aumenta il rischio di ristagno idrico e l’assenza di scambi gassosi con l’atmosfera che pregiudica il normale svolgimento dell’attività di microflora e fauna terricola utile. Quest’ultime componenti sono fondamentali per l’evoluzione dei processi di umificazione e mineralizzazione, in pratica, per la formazione del giusto grado di fertilità e strutturazione.

Vangatura del terreno

Vangatura manuale del terreno

I vantaggi della vangatura. Perché è necessario zappare il terreno?

Il terreno quindi ricava molti vantaggi dalla vangatura. Dal punto di vista fisico, innanzitutto, ci permette di riportare in superficie gli strati più profondi ed aumentare la porzione di suolo esposta agli agenti atmosferici che disgregano le particelle terrose.

Dal punto di vista chimico, inoltre, proprio questa azione frantumante aumenta la porosità con l’effetto di mettere a disposizione dell’assorbimento radicale una maggior quantità di aria, acqua e nutrienti favorendone, per di più, la relativa traslocazione lungo il profilo del suolo.

Ulteriori vantaggi della vangatura:

  • favorisce l’eliminazione delle erbe infestanti;
  • consente di rimuovere sassi e radici che possono ostacolare lo sviluppo delle nostre piante;
  • è facilmente integrabile con altre pratiche agronomiche, ad es. concimazione o correzione del pH.

Come si esegue la vangatura del terreno

Vangare un terreno, di per sé, è semplice ma abbastanza faticoso. Cosa bisogna fare:

  1. armarvi di vanga e santa pazienza;
  2. posizionatevi al limite del campo procedendo all’indietro;
  3. smuovete le zolle (come in figura) fino alla profondità desiderata (max 20-30 cm);
  4. rivoltare la zolla e sminuzzarla utilizzando la parte laterale della lama; frantumare adeguatamente la zolla è fondamentale ai fini della buona riuscita dell’operazione;
  5. continuate a scavare buche procedendo per file parallele fino a completare l’area da vangare;
  6. ammirate il vostro lavoro!
Come si esegue la vangatura del terreno. Fonte: Università della terza età

Come si esegue la vangatura del terreno. Fonte: Università della terza età

Vangatura e concimazione

E’ buona norma integrare la vangatura con una buona concimazione organica di fondo. In questo caso, però, è opportuno vangare più in profondità oppure operare una doppia vangatura lavorando il terreno in due fasi, prima in un senso e poi nell’altro.

Inoltre per chi ha l’esigenza di modificare la struttura o il pH del proprio terreno, può approfittare della vangatura per aggiungere le sostanze adatte come ammendanti e correttivi.

Buon lavoro!

 

 

Metti mi piace e condividi l'articolo sui tuoi Social

Eccessiva salinità dell’acqua di irrigazione: COSA FARE?

E’ inutile negarlo: i cambiamenti climatici incidono ed incideranno sempre più sulle vite di tutti noi! E gli effetti si toccano già con mano: aumentano le zone che soffrono di carenza idrica, siccità, desertificazione (ovvero l’ascesa in latitudine delle zone ove la vegetazione tipica non trova più l’optimum per i normali cicli vitali).

Sembra una impresa titanica, in effetti molti studi divergono sulle teorie dell’aumento delle temperature e sulle conseguenti modifiche climatiche, a volte anche disastrose, non solo fisicamente ma anche economicamente. È veramente un problema antropico, dovuto cioè all’espansione e alle pretese commerciali umane, o è solo una normale ciclicità ambientale (ricordiamo le ere e microere glaciali)?

Cosa possiamo fare?

Anche nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, utilizzando le fonti energetiche rinnovabili invece che le risorse fossili di carbonio (petrolio e derivati, gas, carbone); ma anche adottando buone pratiche colturali e selvicolturali, aumentando la biodiversità, effettuando lavorazioni essenziali e oculate, e non per ultimo impiegando responsabilmente le risorse idriche.

Come fare se ci troviamo già in carenza idrica?

Lo stiamo notando sempre più anche in Italia, pure in zone dove non si sarebbe mai immaginato di avere carenze idriche, anche sulle Alpi.

E’ necessario risparmiare il prezioso liquido, l’unico veramente indispensabile sul nostro pianeta. È necessario averne a disposizione per i momenti più critici delle nostre colture.

Questo spinge sempre più la ricerca a trovare metodi per risparmiare risorse idriche o addirittura usare fonti alternative di irrigazione.

Questo concetto si estremizza nell’utilizzo di acque salmastre o addirittura saline (ricordia

mo semplicemente che il 97% dell’acqua sul nostro pianeta è salata, e il 2% è indisponibile perché allo stato solido nei ghiacciai e nelle calotte polari).

Eccessiva salinità dell’acqua di irrigazione può rendere sterile il suolo?

Non è del tutto vero: il contatto diretto con acque ricche di sali (soprattutto sodio ma anche potassio, magnesio, etc.) influisce negativamente su microflora e microfauna, indispensabili per la corretta evoluzione fisica e chimica del suolo (ricordiamo tessitura e processi di umificazione). E oltretutto inibisce lo scambio osmotico radicale, ovvero il mezzo impiegato dai vegetali per assorbire l’acqua e i nutrienti in essa disciolti. Non per ultimo, potrebbe essere determinante per la scelta colturale, dato che molti sali o soluzioni da essi derivanti  così possono modificare il pH del substrato, aumentando la salinità del terreno.

Come evitare l’accumulo di residui salini ?

Il trucco consiste nell’evitare che i sali giungano o si accumulino in prossimità dell’apparato radicale, inibendone le funzioni osmotiche, coltivando su substrati ricchi di sabbie, molto drenanti quindi, e diffondendo l’acqua negli strati sottostanti la zona radicale. Facendo sì che il capillizio venga raggiunto dall’umidità dovuta all’evaporazione.

Posso impiegare acque ricche di sali per ogni specie?

Naturalmente dobbiamo conoscere molto bene le tolleranze e il tipo di apparato radicale delle specie che si andranno a coltivare. Più profondo sarà l’apparato radicale, e più alto sarà il tenore di sali in soluzione, più in basso dovrà trovarsi la fonte di irrigazione.

Inoltre, maggiore sarà la piovosità media annua della stazione, maggiore sarà il dilavamento dei sali, minore il loro accumulo, e migliori i risultati.

Tale tecnica colturale potrà essere applicata quindi non solo a specie di interesse economico che tollerano bene alte concentrazioni di sali, come barbabietola, orzo e sorgo, ma anche a quelle meno tolleranti, come patate, pomodori e lattuga.

 

Metti mi piace e condividi l'articolo sui tuoi Social

L’orto: patrimonio mondiale dell’umanità!

Tutti dovrebbero avere la possibilità di coltivare un orto

Coltivare è un gesto antico, arcaico, sapiente. Non a caso coltivare e cultura hanno la stessa etimologia, dal latino colĕre, appunto coltivare.

Coltivare un orto significa coltivare un sapere, una conoscenza che ha a che fare con dei gesti precisi e coscienti.

Coltivare significa imparare. Imparare a conoscere sé stessi innanzitutto, gli esseri viventi, il funzionamento di una comunità (biologica), l’importanza di curare un bene collettivo (l’ambiente) che spesso dimentichiamo nelle nostre vite complicate.

Tutti dovrebbero avere la possibilità di coltivare un orto, un pezzo di terra, proprio o in affitto, anche piccolo: la dimensione non conta, bastano 30 mq.

Coltivare l’orto: riscoprire le tradizioni locali e familiari

Coltivare un orto è un’attività che coinvolge non solo l’abilità manuale, ma stimola anche le conoscenze scientifiche e lo sviluppo del pensiero logico. Prendersi cura di un orto implica attenzione ai particolari, ai tempi d’attesa, educa alla pazienza ed alla lungimiranza.

La scelta dei prodotti da coltivare, inoltre, aiuta a riconoscere le tradizioni locali e familiari. Coltivare l’orto unisce l’approccio creativo e l’educazione ambientale, consente di avvicinarsi alla vita all’aperto, al rispetto dei tempi della natura, all’impegno, alla regolarità ed alla determinazione, permette l’osservazione diretta dei fenomeni naturali favorendo l’integrazione uomo-ambiente. L’orto è da curare come un piccolo fazzoletto di natura.

L’orto è un laboratorio vivente dove manualità e conoscenza possono esprimersi sperimentando odori, colori, sapori e sensazioni diverse ma sempre legate dalla passione per la terra.

Un’ora nell’orto al giorno leva il malumore di torno

Seminare o trapiantare, seguire l’accrescimento della pianta, prendersene cura ogni giorno fino a raccoglierne il frutto migliora la percezione delle proprie capacità, ci fa credere di più in noi stessi perché rende concreto il nostro impegno.

Coltivare l’orto è un’attività senza controindicazioni se non quella che una volta iniziata è difficile smettere. L’orto va bene da 0 a 101 anni ed è democratico perché va bene per tutti: poveri, ricchi, bianchi, neri, gialli.

L’orto va bene da 0 a 101 anni ed è democratico perché va bene per tutti: poveri, ricchi, bianchi, neri, gialli.

Ci dovrebbe essere un orto in ogni scuola, carcere, contrada, quartiere, paese, città. Ci dovrebbe essere un orto in ogni terrazzo o balcone. Il nostro pianeta sarebbe più verde, più colorato; la gente sarebbe più felice, sorridente, più sensibile, meno aggressiva, socializzerebbe di più e meglio, forse anche senza categorie e preconcetti.

L’orto eleva l’ingegno, il carattere, la salute, la fiducia in sé stessi; l’orto dovrebbe essere patrimonio mondiale dell’umanità!

In fin dei conti sono un inguaribile ottimista: mi piace pensare che coltivando un orto saremmo tutti più rispettosi della natura, del prossimo e, soprattutto, di noi stessi!

Allora la prossima volta che al semaforo vi manderanno a zappare … rispondetegli con un sorriso 😊

Metti mi piace e condividi l'articolo sui tuoi Social

Marciume apicale del pomodoro oppure come evitare la punta nera?

Cos’è il marciume apicale?

Il marciume apicale è un’alterazione o fisiopatia che colpisce diverse specie coltivate, in particolare le Solanaceae (pomodoro, peperoni, etc.) ma anche ortaggi appartenenti ad altre famiglie come lo zucchino.

Pomodoro colpito dal marciume apicale

Pomodori con la punta nera: marciume apicale del pomodoro

I sintomi del marciume apicale sono molto evidenti e riconoscibili: la punta dei frutti colpiti manifesta, in un primo tempo, una colorazione verde traslucida che progressivamente marcisce fino ad annerire completamente, da qui il nome culo nero, espressione gergale per intendere il marciume apicale (detto anche culo di scimmia).

Gli squilibri del terreno come causa principale del marciume apicale dei pomodori

Il marciume apicale del pomodoro e degli altri ortaggi è una problematica dovuta ad un insieme di condizioni ambientali concomitanti; in particolare si tratta di squilibri fisico-chimici del terreno. Tali disfunzioni comportano un cattivo assorbimento del calcio.

Il calcio svolge un’importante funzione nutritiva nel ciclo vitale delle piante contribuendo alla formazione dei tessuti vegetali ed alla vigoria del fusto, delle radici, dello stelo e degli altri organi vegetali (foglie e frutti).

In altre parole, come negli esseri umani, il calcio contribuisce alla formazione dello “scheletro” dei vegetali determinandone il portamento eretto e più o meno robusto.

Anche se presente nel terreno, non sempre le piante riescono ad assorbire il calcio in modo ottimale. Questo avviene in particolare nei terreni con pH troppo acido, in condizioni di scarsa ventilazione o temperature troppo elevate. Quest’anno infatti, caratterizzato da temperature sopra la media, si assiste ad un’elevata incidenza del marciume apicale.

Come riconoscere la carenza di calcio?

Oltre al marciume apicale (visibile solo al momento della maturazione dei frutti), altri sintomi più precoci possono indicarci una carenza di calcio: ingiallimento delle foglie (visibile prima sulle foglie più vecchie), accartocciamento fogliare e blocco della crescita.

Anche la fioritura viene bloccata e ritardata ed i fiori permangono poco sviluppati per tutto il ciclo colturale.

Squilibri idrici e marciume apicale

Anche una discontinua disponibilità di acqua può determinare la comparsa del marciume apicale del pomodoro. Il calcio è infatti un elemento che nella pianta viaggia nel flusso evapotraspirativo (linfa grezza). Si concentra dunque, nelle zone con maggiore presenza di stomi, ossia le foglie, a discapito dei frutti che non son predisposti allo scambio idrico.

Quali sono i fattori predisponenti il marciume apicale dei pomodori e degli altri ortaggi?

Fattori predisponenti il marciume apicale sono quindi l’alta temperatura e la bassa umidità relativa che, aumentando il suddetto flusso, dirottano la linfa grezza (quindi anche il calcio) verso l’apparato fogliare.

E’ importante quindi che la pianta goda di un flusso idrico regolare e costante.

Come prevenire il marciume apicale in 5 passi

Come sempre in agricoltura i migliori risultati si ottengono agendo in prevenzione; ecco alcuni rimedi che possono aiutarci a prevenire il marciume apicale del pomodoro e degli altri ortaggi:

  1. è fondamentale, innanzitutto, coltivare varietà meno sensibili al marciume apicale; ad esempio, per il pomodoro, le varietà a frutto tondo (tranne il Cuore di bue) sono più resistenti rispetto alle varietà di pomodoro allungato (tipo San Marzano);
  2. evitare gli stress idrici in generale. Quindi ad esempio evitare terreni dove le piante possono soffrire per un irregolare assorbimento dell’acqua (suoli troppo sabbiosi);
  3. non eccedere con gli apporti irrigui ed effettuarli a intervalli regolari (il terreno dovrebbe sempre essere fresco, umido e mai zuppo);
  4. evitare i ristagni idrici. Una buona lavorazione del terreno ci dà una mano in tal senso, in quanto migliora il drenaggio. Evitare inoltre il sistema di irrigazione per scorrimento e infiltrazione laterale (si può correre il rischio di apportare troppa acqua nei solchi). È preferibile adottare il sistema di irrigazione a goccia anche per un opportuno risparmio idrico;
  5. se si utilizzano prodotti a base di azoto e fosforo, regolarne in modo ottimale l’impiego in quanto nel terreno potrebbero legare il calcio rendendone difficoltoso l’assorbimento. In ogni caso è fondamentale attenersi ai dosaggi forniti dal produttore.

Il consiglio finale

Un consiglio sempre utile è quello di diversificare gli appezzamenti coltivati in specie e varietà, ruotando ogni anno la zona dell’orto destinata alla coltivazione del pomodoro e degli altri ortaggi.

E’ opportuno inoltre seminare varietà diverse per aumentare la biodiversità del nostro orto e fare in modo che si ottenga la miglior risposta in termini di impollinazione e resistenza alle malattie/fisiopatie.

Metti mi piace e condividi l'articolo sui tuoi Social

IRRIGARE L’ORTO: Quando, Come e Quanto?

Irrigare l’orto: 5 semplici passi. 5 cose da sapere

L’acqua di irrigazione. Bene prezioso contro la siccità

Quando in stagioni come quella attuale, tragicamente segnata dalla siccità, la pioggia non è sufficiente da sola a garantire lo sviluppo delle nostre piante da orto, è necessario far ricorso all’acqua di irrigazione.

Nelle regioni del sud è giocoforza poter contare su di una fonte idrica per il fabbisogno dell’orto in quanto, data la scarsità di pioggia, lo sviluppo regolare delle piante sarebbe altrimenti impossibile. Discorso un po’ meno scontato al nord, almeno fino a qualche tempo fa, quando si ricorreva alle irrigazioni di soccorso solo saltuariamente e, più che altro, per le colture industriali.

Oggi come oggi, anche nelle regioni dal clima più favorevole, la distribuzione delle precipitazioni è molto irregolare nell’arco dell’anno. Quindi, anche al nord, è fondamentale avere a disposizione acqua corrente da impiegare all’occorrenza per dissetare le nostre piante.

Bagnare regolarmente le piante da orto è oltremodo importante in quanto, trattandosi per lo più di specie erbacee, presentano un apparato radicale ridotto che si sviluppa solo negli strati superficiali del terreno dove l’acqua scarseggia, sia a causa della percolazione, sia per effetto dell’evaporazione.

Bagnare regolarmente le piante da orto

Quando irrigare l’orto: la mattina o la sera?

Dopo questa necessaria premessa, ecco alcuni consigli su quando innaffiare l’orto, come risparmiare acqua ed adoperarla al meglio:

  1. è opportuno innaffiare piante verso sera o al mattino presto, quando la terra non è calda, in modo da evitare contrasti marcati di temperatura tra suolo e acqua d’irrigazione. Innaffiando l’orto la sera, le colture rimangono fresche per tutta la notte, l’evaporazione non è eccessiva e le piante hanno il tempo di assorbire la necessaria quantità d’acqua;
  2. durante l’estate, irrigare la mattina presto o la sera, inoltre, consente di evitare anche eventuali scottature alle foglie ed al fusto date dalla concentrazione dei raggi solari focalizzati sulle gocce d’acqua. La goccia, in questo caso, funziona come una vera e propria lente che può arrivare a bruciare il lembo fogliare;
  3. nei mesi in cui i freddi notturni possono farsi sentire (maggio, settembre), è preferibile irrigare l’orto solo al mattino, per evitare che l’acqua possa gelare. Tenete comunque presente la temperatura dell’acqua di irrigazione: con le acque fredde conviene addirittura bagnare le piante di notte, con quelle calde è possibile irrigare anche di giorno;
  4. nei terreni tendenti al sabbioso è opportuno innaffiare le piante ad intervalli ravvicinati, più distanziati in quelli tendenti all’argilloso (ogni 7-9 giorni). Infatti, nella sabbia, l’acqua percola facilmente e finisce negli strati più profondi col risultato che le radici delle nostre piante rimangono ben presto a secco, le argille viceversa trattengono di più l’acqua in superficie;
  5. è fondamentale innaffiare l’orto regolarmente; poca acqua ma spesso, le innaffiature irregolari bloccano il regolare metabolismo delle piante, soprattutto in fasi delicate come la fioritura e durante la formazione dei frutti.

Comunque saranno le stesse piante a darvi le giuste indicazioni: basterà osservarle ed intervenire tempestivamente quando queste mostrano i primi segni di appassimento.

Come distribuire l'acqua nell'orto?

Come distribuire l’acqua nell’orto?

Negli orti tradizionali in genere si distribuisce l’acqua a pioggia: è utile allo scopo un tubo di gomma alla cui estremità si colloca un polverizzatore (o il dito del contadino!). Oppure per piccole superfici è comodo utilizzare l’intramontabile innaffiatoio.

Abbastanza frequente è, inoltre, la distribuzione per infiltrazione laterale. Si tratta di riempire d’acqua i solchi sui cui lati sono disposte le piante ortive. Va da sé che i solchi devono essere in piano, quindi se la vostra superficie è in pendio, i solchi vanno fatti per traverso oppure a gradini.

E’ sempre più diffusa anche la sub-irrigazione o irrigazione sotterranea: l’acqua viene distribuita mediante la cosiddetta manichetta, un tubo di plastica dotato di piccoli fori. I vantaggi sono molteplici: risparmio d’acqua e tempo, frutti puliti, controllo delle malerbe, ridotta erosione del suolo.

Irrigazione sotteranea

Irrigazione interrata

Quanta acqua serve per irrigare un orto?

Ogni coltura ha un proprio fabbisogno idrico. Nella tabella a seguire riportiamo il fabbisogno idrico indicativo medio giornaliero, espresso in litri/m2, per un tipico orto a carattere familiare. Si tratta di informazioni indicative, variabili in base all’andamento delle temperature, delle piogge, etc.

E nel caso abbiate un impianto di irrigazione a goccia, ecco la tabella dei fabbisogni idrici consigliati

Fabbisogno irriguo ortaggi. Irrigazione a goccia.

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Metti mi piace e condividi l'articolo sui tuoi Social